La rimostrante aristotelica sul pisello

la principessa sul pisello

Qualche estate fa ho letto un libro che si intitola Le persone sensibili hanno una marcia in più. L’autore, Rolf Sellin, sostiene in pratica che non è per forza una disgrazia iper-sentire gli stimoli esterni, e tenta di fornire qualche consiglio per trasformare il disagio in risorsa.

Ho sottolineato moltissimo, scovando spiegazioni al perché tutto mi faccia incazzare o piangere disperatamente e sentendomi finalmente parte di un tutto di ciclotimici, ma di soluzioni ne ho trovate poche. Si vede che la risorsa è ancora nascosta.

Nel frattempo resta l’ipersensibilità, che mi permette di avvertire se c’è un pisello a tenermi sveglia la notte.


Faccio qui riferimento alla celebre favola di Andersen che racconta la a dir poco bizzarra vicenda di un principe che, volendo esser certo di sposare una vera principessa, ne scartò a pacchi fin quando non bussò alla sua porta in cerca di pernotto gratuito una fanciulla che – adagiata su venti materassi – osò, la mattina successiva, lamentarsi di aver dormito male perché qualcosa di duro aveva turbato il suo riposo.

Circostanze

Alcuni anni fa mi sbilanciai, volendo assecondare il mio fu compagno e fingere uno spirito di adattamento che non mi appartiene, a fare una cosa che mai nella vita avevo desiderato fare e che mai più farò: trascorrere due dico due settimane in campeggio.


Si dormiva, e si aveva già una certa età, in una roulotte in disuso, sopra un sottile materasso appoggiato su una rete cui qualche maglia era probabilmente saltata (non ho mai avuto l'animo di accertarmene per non vedere cosa o chi giacesse sotto la rete).


Essa (la rete) era incastrata nella roulotte, di modo che non si potesse scendere lateralmente ma solo dai piedi del letto: se ti andava bene trovavi poca sabbia sotto alle infradito, altrimenti potevi scivolare agevolmente nel bagno prefabbricato con tele di ragno annesse.


Mi sono forse lamentata? No. Sono stata eletta fidanzata dell’anno? Nemmeno.

Morale della favola: l’adattamento è un processo esistenziale pericoloso. Lo diceva anche Dostoevskij: “Un essere che si abitua a tutto: è la migliore definizione che si possa dare dell’uomo”. Ovviamente vale nel bene e nel male: se non sapessimo abituarci a nulla soccomberemmo dopo i primi scontri con la realtà.


Vogliamo dimostrare di essere versatili ma ci sveglieremmo tutti di migliore umore scendendo dalla cima di venti materassi di piume con qualcuno che - portandoci il caffè a letto - ci chiedesse: “Hai riposato bene, tesoro?”. E noi, senza provare alcuna vergogna, potessimo candidamente rispondere: “Benino, c'era qualcosa che sbilanciava la cervicale verso destra, ma tutto sommato dai... E i biscottini non ci sono?”.


Io ho asserito di aver ottimamente riposato anche su un materasso solo e anche muffoso, e quando mi svegliavo lui era già andato a fare colazione per conto suo.

Cioè, dai, anche meno. Tutto serve per carità, tutto serve per sapere quello che non vuoi e quello che uccide la tua principessitudine innata, però certe cose si potrebbero anche intuire senza passarci attraverso.


Una parte di me resta comunque convinta che dopo un paio di settimane il principe si sia mangiato le mani per aver cercato tutta quella autentica regalità, ma quante volte ci siamo dette: "Quella donna sa quel che vuole e come ottenerlo"?

Un po' di lagna ci vuole.

Piangere o no?

“Una persona che si lamenta troppo può essere un brontolone, un piagnone, un piantagrane, quella che si lamenta troppo poco un remissivo o uno zerbino. Ma non esiste parola o espressione che denoti la persona che si lamenta quanto basta e a giusta causa. Personalmente, avrei la tentazione di suggerire la definizione di “rimostrante aristotelico quintessenziale””, suggerisce Julian Baggini nel saggio sul Potere della lagna, in cui si spiega che non c’è niente di male a lamentarsi.

Punto, prendiamola per buona.


Il libro elenca diverse sfumature di lamentela anche in base all’utilità, all’obiettivo e al rapporto perdita-di-tempo/risultato, ma guarda caso nella realtà nessuna donna che si lagni, anche q.b., viene considerata altro che una rompipalle, “come tutte le donne” (lo aggiungono sempre, quasi come se fosse un fatto di sorellanza o di mezzo gaudio).

Altro che regalità, altro che dea.


È invece raro che una donna dica a un uomo che è un gran rompiscatole. Al limite è uno stronzo, un tirchio, un egoista. E dire che di rompiscatole ce ne sono. Invece Baggini, che comunque è un filosofo e collabora con il Guardian, l’Observer e l’Indipendent quindi non è proprio l’ultimo a poter esprimere un parere, ha fatto un sondaggio raccogliendone i risultati in una sorta di diario delle lagne: “i livelli complessivi di lamentele personali denunciate erano più o meno identici per i due generi”. Per dire. Potete usarla nelle prossime discussioni.


Io so solo una cosa: da che gli ipersensibili dovevano avere una marcia in più, a distanza di pochi anni e di una pandemia Byung-Chul Han, il filosofo tedesco più letto al mondo, scrive ne La società senza dolore che la mia ipersensibilità è frutto di narcisismo e algofobia, ovvero paura di soffrire.

Non ho fatto in tempo ad adagiarmi sulla giustificazione di una sana lagna che sono diventata io la narcisista e pure ipocondriaca. E la principessa allora?

Piselli sempre più piccoli

Spiegando perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite, l'ottimo Han tira in ballo proprio la nostra eroina: “Un pisello sotto il materasso provoca tali dolori alla futura principessa da farle passare la notte in bianco. Probabile che le persone al giorno d’oggi soffrano della sindrome della “principessa sul pisello”. Il paradosso di questa sindrome del dolore consiste nel fatto che si soffre sempre di più a causa di cose sempre più piccole. (…) E se il pisello che infligge sofferenza scompare, ecco che le persone iniziano a soffrire a causa dei materassi troppo soffici. È proprio la persistente insensatezza della vita a far male”.


Narcisismo o no, io se ci fosse un pisello sotto venti materassi di lattice probabilmente lo sentirei. Perché questo non faccia di me un’ambìta preda per un principe ma solo un’ipocondriaca rompiscatole non me lo spiego.


Intanto, visti i magri risultati ottenuti finora col buon viso a cattivo gioco, ho iniziato con la strategia della lagna e del non adattamento.


Vi tengo aggiornati.

la principessa sul pisello

"... non esiste parola o espressione che denoti la persona che si lamenta quanto basta e a giusta causa. Personalmente, avrei la tentazione di suggerire la definizione di “rimostrante aristotelico quintessenziale...”


J. Baggini

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