Il progetto

Ogni favola racconta di un maleficio e di una redenzione. Un incantesimo può far apparire un principe come un ranocchio, ma può anche permettere a Cenerentola di andare al ballo vestita da gran sera.

C’è sempre una trasformazione, e ognuno le va incontro come può: scegliendo di perdersi tra i pericoli del bosco, rinunciando alla propria voce per amore, curiosando dietro porte proibite, bruciando fiammiferi in attesa di un miracolo.

Se c’è un mondo in cui le donne la fanno da protagoniste è quello delle favole. Sarà perché le situazioni da cui partiamo – come figlie, madri, professioniste, mogli – ci costringono a lunghi momenti di letargo e, spesso anche, di dolore per affermare la nostra identità e suggerirci opportunità di rigenerazione in tutte le fasi della vita? O perché geneticamente predisposte al cambiamento?

Quale che sia la risposta, la fiaba è donna.

Le protagoniste delle fiabe tradizionali lottano per affrancarsi dal dominio di orchi, matrigne, streghe, sorellastre e draghi; solo così possono rigenerare l’intuito smarrito nel caos, ritrovare la capacità di amare se stesse e gli altri, distinguere l’amante sincero dal predatore della psiche senza rinunciare a giocare.

Nelle fiabe contemporanee streghe e stregoni non hanno smesso di trasformarsi: lo fanno, grazie a pozioni magiche e misteriosi intrugli di ambivalenza, presentandosi sotto le spoglie di un senso di colpa non riconosciuto, di un partner violento, di un lavoro frustrante, del senso di inadeguatezza, di un genitore castrante, di una depressione non riconosciuta, della manipolazione.

Cosa raccontano le coraggiose eroine delle fiabe, che evadono da torri inaccessibili e attraversano – intrepide! – foreste oscure pur di sottrarsi a un destino di privazione della propria femminilità e della propria consapevolezza?

E contro cosa stanno combattendo oggi le coraggiose eroine che seminano per la propria fioritura? E quelle che hanno perso la capacità di ascoltare l’istinto profondo che farebbe uscire qualsiasi donna dalla propria zona di conforto sbattendo la porta?

In queste storie, per me un diario terapeutico in forma di gioco, mi/vi chiedo come “realizzare oggi il femminile” utilizzando gli archetipi che sono già dentro di noi. Tutti abbiamo sperimentato la rabbia, la tristezza, il confino, l’incomprensione, la solitudine; è, per esempio, il letargo della Bella Addormentata che riposa fin quando non è pronta a vivere.

Diffidate da chi vi dice di non credere nelle favole perché nella vita il lieto fine non esiste. Le favole sono proprio come la vita, e raccontano di infanzie disastrose, di prigioni cigolanti e di faticosi percorsi di redenzione, non solo di principi azzurri e di castelli incantati. Anzi, è proprio lì che si interrompono. Non è importante sapere cosa succederà dopo il “vissero felici e contenti”, anche perché durerà poco. Ci sarà un nuovo incantesimo e una nuova liberazione.

Si tratta solo di immaginare, per ciascuna di noi, un lieto fine su misura, e di saper riconoscere nemici e alleati.